Bernini vs. Borromini
Geni rivali nella Roma barocca
Con la sua esuberanza teatrale, la ricerca di un coinvolgimento emotivo nell’osservatore, le linee curve e i grandiosi effetti, lo stile Barocco si sviluppò a Roma a partire dal terzo decennio del Seicento con l’obiettivo da parte della Chiesa di persuadere eretici e dubbiosi a seguire i dettami della dottrina cattolica. Durante questo periodo storico artisti, architetti, scultori e pittori acquisirono una crescente importanza, fino a diventare il tramite indispensabile attraverso cui penetrare a fondo e con immediatezza nell’anima dei fedeli. In questo scenario si inseriscono due personalità completamente diverse tra loro e rivali, che hanno dominato la scena artistica romana del XVII secolo e influenzato la disciplina a livello internazionale anche nei secoli successivi: Gian Lorenzo Bernini e Francesco Borromini.
Bernini, di origine napoletana, visse fin dalla più giovane età in un ambiente privilegiato: il padre era infatti un celebre scultore, molto influente e conosciuto a Roma e, intuendo il grande talento del figlio, cercò in tutti i modi di presentarlo e farlo conoscere come un genio già fin da ragazzino. L’essere figlio d’arte, il carattere particolarmente carismatico e le indiscutibili capacità artistiche aiutarono Bernini a ottenere alcuni tra gli incarichi più importanti nei cantieri romani, tra i quali spiccano l’ideazione del colonnato di Piazza San Pietro, la costruzione della facciata di Palazzo Barberini, della Chiesa di Sant’Andrea al Quirinale e del Baldacchino di San Pietro.
Con un carattere più schivo e meno incline alla vita sociale, Borromini trascorse invece la prima parte della sua vita a Milano, dove lavorò come apprendista tra le guglie gotiche del Duomo, e arrivò a Roma a vent’anni. Operò da subito alla grande fabbrica di San Pietro, sotto la direzione di Bernini, ma il loro rapporto iniziò ben presto a disgregarsi a causa di crescenti contrasti.
Dal punto di vista artistico avevano infatti idee completamente diverse: Borromini, principalmente architetto, adottava un approccio solenne e rigoroso verso le sue opere, che presentavano proporzioni ben definite e più classiche, con geometrie ben precise e ripetute in maniera alternata, nonostante riuscisse anche a sperimentare soluzioni particolarmente innovative per il suo tempo, in aperto contrasto con l’estetica del Bernini, più apprezzata dai diversi papi che si erano avvicendati durante la sua carriera fino alla morte di Urbano VIII.
Con l’elezione di Papa Innocenzo X, nel 1644, Bernini venne allontanato dalla corte papale e il suo incarico venne assegnato a Borromini. Nonostante ciò, Bernini non si diede mai per vinto e riuscì a ottenere il prestigioso compito della costruzione della Fontana dei Quattro Fiumi, in piazza Navona, che rilanciò la sua carriera. Situata proprio di fronte alla Chiesa di Sant’Agnese in Agone, opera del Borromini, la fontana presenta dei particolari che si prenderebbero gioco dell’architetto e del suo stile: se si osserva con attenzione la statua che rappresenta il Rio de la Plata, infatti, sembra che questa sia spaventata dalla costruzione del Borromini e che porga le mani in avanti per paura che la Chiesa possa crollare da un momento all’altro, mentre la statua del Nilo avrebbe la testa velata per non vedere l’orrore della facciata.
Tuttavia, è evidente che si tratti solamente di una leggenda, poiché la Chiesa di Sant’Agnese in Agone venne terminata nel 1657, mentre la fontana era stata inaugurata già nel 1651. Ciò che invece è vera storia è l’infinita rivalità fra i due artisti, entrambi consapevoli del proprio talento, che produsse diversi screzi ma altrettanti capolavori ancora oggi visitabili nella Città Eterna.
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